Caso Diciotti: la guerra dei porti

La vicenda della nave ‘Ubaldo Diciotti’ inizia il 14 agosto, quando nel centro operativo del Comando della Capitaneria di Porto di Roma giunge la comunicazione dell’avvistamento in mare di un barcone con numerosi migranti. Il giorno seguente sono i “migranti stessi”, tramite “telefono satellitare Thuraya”, a chiedere soccorso. Le autorità italiane che fino a quel momento avevano monitorato la situazione, attendendo l’intervento di Malta e decidono di procedere al salvataggio dei 190 naufraghi (143 uomini, 10 donne e 37 minori). Nei giorni successivi inizia un braccio di ferro con le autorità maltesi che non concedono nessun porto per lo sbarco. La Diciotti resta al largo di Lampedusa per altri due giorni, finché il 20 agosto il governo italiano decide di far rientrare la nave al porto di Catania, vietando però lo sbarco. Lo stallo crea disagi a bordo. Le operatrici di InterSos raccontano i malumori dei migranti, che non capiscono il perché siano bloccati sulla nave. Nei giorni successivi arriva l’ispezione del Collegio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, e quello di diversi rappresentanti politici. I migranti alloggiano sul ponte, coprendosi la notte con le coperte termiche, di giorno restano sotto il sole cocente. Il 22 agosto interviene il Tribunale per i minori di Catania, spingendo il ministro Salvini a far scendere 29 minori non accompagnati. Tre giorni dopo ne scendono altri sei, che necessitano urgenti cure mediche. Sullo sfondo resta il braccio di ferro tra il governo gialloverde e l’Unione europea, mentre il 25 agosto centinaia di persone manifestano nel porto etneo chiedendo la liberazione dei migranti “ostaggi” delle autorità italiane. Dopo lunghe ed estenuanti trattative con Strasburgo, l’Albania, l’Irlanda e la Conferenza Episcopale Italiana decidono di farsi carico dei migranti della Diciotti. Il ministro Salvini acconsente allo sbarco, avvenuto nelle prime ore del 26 agosto, con i migranti trasferiti all’hotspot di Messina per le identificazioni.

** Articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, a pagina 2-3, venerdì 25 gennaio 2019 **

** Credits photo: copyright SaulCaia.it **

Saul Caia

Saul Caia

Giornalista freelance. Dopo alcune esperienze all'estero, tra cui Spagna, Canada e Stati Uniti, sono rientrato in Sicilia. Oggi collaboro con Il Fatto Quotidiano realizzando video e articoli di cronaca e approfondimento.
Tra i riconoscimenti più importanti ho ricevuto il DIG Awards 2017, il premio 'Roberto Morrione' 2012, il premio giornalista emergente in Sicilia 'Giuseppe Francese' 2016.
Saul Caia

Saul Caia

Giornalista freelance. Dopo alcune esperienze all'estero, tra cui Spagna, Canada e Stati Uniti, sono rientrato in Sicilia. Oggi collaboro con Il Fatto Quotidiano realizzando video e articoli di cronaca e approfondimento. Tra i riconoscimenti più importanti ho ricevuto il DIG Awards 2017, il premio 'Roberto Morrione' 2012, il premio giornalista emergente in Sicilia 'Giuseppe Francese' 2016.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *